giovedì 7 gennaio 2016

Lettera a mio figlio

Ciao Paolo, ho riascoltato le nostre chiacchierate, ho ponderato le parole che ci siamo detti e la parola “Limbo” mi ha fatto riflettere. Ho ripensato a mio figlio.

Mi sono laureato in 5 anni esatti con il massimo dei voti, ho iniziato a lavorare ininterrottamente dai 25 anni, a 28 avevo un contratto a tempo indeterminato, a 32 sono un manager rampante in carriera. Nel frattempo ho curato la mia mente e il mio fisico, diventando un capitano indimenticato.
Ho fatto il vuoto, sono diventato vuoto. Ho non vissuto.
Eppure posso dire di aver conosciuto mio padre a partire dagli 11 anni, a 27 mi sono ricongiunto profondamente con mia sorella, ho incontrato il mio “coach” a 28 anni, a 31 anni ho deciso di cambiare vita e a 32 ti ho incontrato.
Di questi momenti ho vivida la sensazione di discontinuità. Li ho vissuti.

Mi domando allora quale è il tempo giusto? Ma forse la domanda “opportuna”: mi sto chiedendo veramente se c’è un tempo giusto per essere oppure mi sto preoccupando del tempo giusto per fare?

Non ho una casa né una famiglia tutta mia, non pianifico il mio futuro. Ma non bene neanche cosa sia un amore perturbante, non ritorno mai a me stesso e non so quale sia la mia vera strada.

Ultimamente mi chiedo sempre cosa racconterò a mio figlio parlandogli della mia vita prima di lui, guardano le foto di un giovane ragazzo che aveva tutto. Tranne l’amore per suo figlio.
Allora gli potrei raccontare di un padre bloccato dall’indecisione, un padre con il terrore di esporre se stesso agli alti, con la paura di cosa poteva veramente dire, un padre che amava soltanto essere amato.
Allora non sono stato poi così egoista, semplicemente non ero pronto ad accoglierlo nella mia vita. Non avevo accolto ancora sua madre!




Mi viene da sorridere: forse sono stato talmente egoista da diventare altruista. Passando dal senso opposto però.

Gli potrei forse raccontare che avevo tutto ma che non avevo la mia anima: quella che mi sta facendo stringere la penna per trasformare i pensieri e parole, quella che stringerà le mie emozioni per farle diventare vita vera.
Non avrà mai visto le mie partite di pallavolo, non avrò potuto condividere con lui i miei successi professionali e non avrà avuto un bel giovane padre ricco e aitante: ma alla fine quale figlio ama veramente un padre di successo?

Così spero di ritrovarmi con lui a spiegarli il senso di amore profondo che mi avrà portato a tatuarmi “non smettere di esaurire la gittata del tuo cuore oltre l’amplesso”.



No, il tempo esiste sempre. La vita succede sempre, ci rendiamo conto che accade solamente quando è il momento.



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