lunedì 8 febbraio 2016

Il ciuchino di Roma che dipingeva Michelangelo

Ero fuori Roma questo weekend. Discutendo sulla scelta di un regalo, riflettendo su come sia tanto importante scegliere secondo i gusti “dell’altro” ma come sia imprescindibile farlo secondo i propri occhi. Un buon regalo è sempre una scelta che contempera diverse esigenze: è il pensiero che conta. Nel mentre la commessa interrompe dicendo: ”sei di Roma?” e io: ”si” e lei, con un sorriso compiaciuto della propria intelligenza: ”si sente dall’accento!” e io: ”certo signora, è un accento che parlano tra i 5 e i 10 milioni di persone soltanto in Italia”.

Giustamente sei della bambagia e interrompi una discussione sull’approccio metodologico alla scelta di un regalo per farmi notare il tuo punto di vista sull’unica ovvietà che capisci: il riconoscimento dell’accento romano in Italia. Riadatto, impropriamente, un detto “Signora, quando voi vivevate ancora sugli alberi e vi dipingevate la faccia, noi eravamo già froci” (fonte: Giornale.it).

Allo stesso modo, nei giorni scorsi, l’ennesimo ciuchino non ha potuto esimersi dal saltellare gridando “scegli me, scegli me! La so, la so!” per farmi notare la mia, presunta, imprecisione su Michelangelo. La sua voglia di far vedere la sua conoscenza sul (mono)tema, non le ha fatto cogliere il fatto che io non mi riferissi tanto al personaggio storico quanto alla persona, al fatto che il talento – quello vero – non scende mai a compromessi: il fatto di essere pagato, anche lautamente, è semplicemente un retribuzione materiale – pagare il tempo/lavoro/esperienza - ma poi la creazione di un’opera d’arte è un processo ingovernabile. Insomma, Michelangelo si è preso la briga di dipingere la Cappella Sistina nonostante fosse uno scultore affermato e ha realizzato un’opera discussa che gli è costata molto fisicamente.

Se Gigi D’Alessio, o Alex Britti, sono tecnicamente degli ottimi musicisti ma preferiscono fare canzonette per vendere album, quello non è talento: è business. Ci sono centinaia di grandi artisti che non sono scesi a compromessi con l’arte ma hanno comunque venduto milioni di copie per decenni interi.

Insomma il talento non si sceglie, il talento ci sceglie e alla fine ci possiede.

Ma il punto qual è Pierfra? Il punto è che mi trovo spesso a discutere con persone che spostano il tavolo del ragionamento al “cosa”, ovvero sul piano delle cose che sappiamo: sia esso un accento romano o l’esempio su Michelangelo. Essere esperti di Michelangelo, di scultura o di pittura non ci garantisce in automatico la piena comprensione dell’arte verso cui, a dirla alla Carotenuto, la psicologia è in debito.

Sono stato invitato a tacere e passare oltre: giusto. Infatti, una volta un amico mi ha detto: ”Pierfra non ragionam di loro ma guarda e passa”. Che situazione infernale.

Non ho risposto e non volevo scrivere queste parole: non mi andava, come può uno stronzo sconfiggere un’artista? Ma poi mi sono venute in mente le parole di (San)Paolo che mi ha detto: “l’idiozia degli stolti sta dominando per colpa di quei pochi intelligenti che non si fermano pochi secondi ad un confronto”.

Fondamentalmente non sono esperto di niente, quel poco che credo di sapere è frutto della mia fantasiosa immaginazione.

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